900 $ in un orsetto di pelouche, due medaglie d’oro olimpiche e vaccini a mRNA.
Cosa mai avranno in comune queste tre cose all’apparenza distanti come le galassie? Una cosa, anzi una persona, una biochimica, Katalin Kariko o, per essere più precisi poiché è Ungherese, Kariko Katalin. L’oscuro linguaggio magiaro richiede infatti che il cognome venga sempre prima del nome.
Originaria di una altrettanto oscura cittadina dal nome impronunciabile nel 1955, si è laureata e ha conseguito il dottorato presso l’Università di Szeged, da noi nota come Seghedino. Il suo sogno fin da bambina era stato infatti quello di diventare scienziata, pur essendo figlia di un macellaio e non avendo mai visto da piccola uno scienziato in carne e ossa. Appena laureata, nel 1978, iniziò subito a lavorare sulla sintesi dell’RNA, e in particolare dell’mRNA. La scoperta che l’mRNA era lo strumento usato dal DNA per dare istruzioni alle cellule su come costruire le proteine era avvenuta nel 1961 e aveva suscitato speranze che però non si erano concretizzate.
Nel 1985 la sua università finì i soldi, in un paese allora comunista non ci sta da stupirsi che progetti del genere avessero scarsa considerazione, e lei si trovò a dover cercare qualcosa d’altro.
Ci pensò la Temple University in Pennsylvania ad offrile un lavoro post dottorato.
E così un giorno del 1985 la nostra Katalin salì su un aereo diretto negli USA insieme al marito Bela e alla figlia Zsuzsanna di due anni. All’epoca il regime comunista consentiva di portare con sé non più di 100 $ a persona, così gli altri 900 $ ricavati vendendo la macchina di famiglia, immagino una Trabant, finirono nascosti nell’orsetto di pelouche dii Zsuzsanna. E già che parliamo di Zsuzsanna chiariamo anche il fatto delle medaglie. La bambinetta di due anni è poi diventata una ragazzona di 1.88 metri e si è data al canottaggio vincendo, con la squadra USA, la medaglia d’oro nella specialità dell’8, la più prestigiosa, alle olimpiadi di Pechino e a quelle di Londra. Per non farsi mancare nulla ha aggiunto a questi due titoli olimpici pure quattro titoli mondiali.
Nel mentre la figlia iniziava a dedicarsi all’attività sportiva e ad emergere come campionessa, Katalin perseguiva le sue idee sull’mRNA che aveva intuito potesse essere una rivoluzione in campo medico. Ma soprattutto perseguiva qualcuno che potesse finanziarne le ricerche visto che la sua era considerata una bella idea ma praticamente inattuabile . Nonostante I primi esperimenti avessero infatti dato risultati molto promettenti in vitro, all’atto pratico la cosa non funzionava.
Nel 1989 aveva lasciato la Temple University dopo una accesa disputa con il suo capo che non le garantiva i fondi ed era passata alla University of Penssylvania dove la sua lotta per avere fondi per la ricerca continuò sempre con le stesse difficoltà.
Nel 1995 tutto sembrò crollare addosso a Katalin. In cura per un tumore, con il marito bloccato in Ungheria alle prese con problemi burocratici per il visto, l’università la rimosse dal suo incarico, bloccandole anche il passaggio al pieno stato di professore.
Poi, un giorno nel 1997, un incontro accanto a una fotocopiatrice con una altro ricercatore, il dottor Weissman, il quale cercava di sviluppare un vaccino contro l’HIV, cambiò tutto. La nostra Katalin si vantò di avere il metodo per farlo e i due iniziarono a collaborare, inizialmente con scarsi risultati perché l’mRNA veniva visto dal sistema immunitario come estraneo e quindi veniva attaccato. Come in tutte le storie di questo tipo che si rispettino, a un certo punto arrivò il lampo di genio. E il colpo di genio fu sostituire in alcune posizioni l’uridina dell’mRNA con pseudoridina, una delle basi del tRNA, RNA di trasporto, umano. E a quel punto la cosa iniziò a funzionare.
Nel 2005 finalmente pubblicarono i risultati della loro ricerca.
Ma nessuna grande casa farmaceutica prestò attenzione alla cosa.
Ci credettero invece due piccole società farmaceutiche attive nel settore delle biotecnologie, una americana, Moderna, che iniziò a finanziare il dottor Weissman, e un’altra tedesca, BioNTec, che nel 2013 nominò la dottoressa Kariko vice presidente senior.
La BioNTec è stata fondata nel 2008 da due personaggi altrettanto improbabili, Ugur Sahin, un oncologo nato a Iskenderun in Turchia ed emigrato in Germania quando aveva quattro anni e sua moglie, Ozlem Tureci, medico specialista in medicina molecolare, tedesca di origine turca. Anche. in questo caso il loro idioma è di quelli per noi incomprensibili.
Quando, a metà gennaio 2020 è stato reso noto il codice genetico del SARS-COV2, in poche ore BioNTec ha potuto progettare un vaccino che avesse come target la proteina spike, già nota perché presente nei virus di SARS e MERS. Moderna ci ha messo solo poco di più, due giorni.
Dietro a questi due vaccini ci stavano infatti 40 anni di ricerche, di esperimenti, molti dei quali falliti, ma sempre fatti con metodo. Non ci stavano le ipotesi e le soluzioni miracolistiche più o meno campate in aria che tanti, in cerca di pubblicità, hanno proposto in questi mesi.
E non ci sta Big Pharma, che poi anche che ci fosse non sarebbe per niente scandaloso.
Nella sua carriera la dottoressa Kariko non ha mai guadagnato più di 60000 $ all’anno ma ciò non l’ha fermata , la sua passione e la sua dedizione l’hanno sempre guidata, aiutandola a lavorare continuamente su qualcosa a cui ha sempre fermamente creduto, notte e giorno anche nei giorni di festa.
Forse, adesso, la sua posizione in BioNTec le frutterà qualche milione, nulla in confronto a ciò che guadagneranno altri. E, molto probabilmente, la attende un meritatissimo Nobel insieme a Weissman.
Originaria di una altrettanto oscura cittadina dal nome impronunciabile nel 1955, si è laureata e ha conseguito il dottorato presso l’Università di Szeged, da noi nota come Seghedino. Il suo sogno fin da bambina era stato infatti quello di diventare scienziata, pur essendo figlia di un macellaio e non avendo mai visto da piccola uno scienziato in carne e ossa. Appena laureata, nel 1978, iniziò subito a lavorare sulla sintesi dell’RNA, e in particolare dell’mRNA. La scoperta che l’mRNA era lo strumento usato dal DNA per dare istruzioni alle cellule su come costruire le proteine era avvenuta nel 1961 e aveva suscitato speranze che però non si erano concretizzate.
Nel 1985 la sua università finì i soldi, in un paese allora comunista non ci sta da stupirsi che progetti del genere avessero scarsa considerazione, e lei si trovò a dover cercare qualcosa d’altro.
Ci pensò la Temple University in Pennsylvania ad offrile un lavoro post dottorato.
E così un giorno del 1985 la nostra Katalin salì su un aereo diretto negli USA insieme al marito Bela e alla figlia Zsuzsanna di due anni. All’epoca il regime comunista consentiva di portare con sé non più di 100 $ a persona, così gli altri 900 $ ricavati vendendo la macchina di famiglia, immagino una Trabant, finirono nascosti nell’orsetto di pelouche dii Zsuzsanna. E già che parliamo di Zsuzsanna chiariamo anche il fatto delle medaglie. La bambinetta di due anni è poi diventata una ragazzona di 1.88 metri e si è data al canottaggio vincendo, con la squadra USA, la medaglia d’oro nella specialità dell’8, la più prestigiosa, alle olimpiadi di Pechino e a quelle di Londra. Per non farsi mancare nulla ha aggiunto a questi due titoli olimpici pure quattro titoli mondiali.
Nel mentre la figlia iniziava a dedicarsi all’attività sportiva e ad emergere come campionessa, Katalin perseguiva le sue idee sull’mRNA che aveva intuito potesse essere una rivoluzione in campo medico. Ma soprattutto perseguiva qualcuno che potesse finanziarne le ricerche visto che la sua era considerata una bella idea ma praticamente inattuabile . Nonostante I primi esperimenti avessero infatti dato risultati molto promettenti in vitro, all’atto pratico la cosa non funzionava.
Nel 1989 aveva lasciato la Temple University dopo una accesa disputa con il suo capo che non le garantiva i fondi ed era passata alla University of Penssylvania dove la sua lotta per avere fondi per la ricerca continuò sempre con le stesse difficoltà.
Nel 1995 tutto sembrò crollare addosso a Katalin. In cura per un tumore, con il marito bloccato in Ungheria alle prese con problemi burocratici per il visto, l’università la rimosse dal suo incarico, bloccandole anche il passaggio al pieno stato di professore.
Poi, un giorno nel 1997, un incontro accanto a una fotocopiatrice con una altro ricercatore, il dottor Weissman, il quale cercava di sviluppare un vaccino contro l’HIV, cambiò tutto. La nostra Katalin si vantò di avere il metodo per farlo e i due iniziarono a collaborare, inizialmente con scarsi risultati perché l’mRNA veniva visto dal sistema immunitario come estraneo e quindi veniva attaccato. Come in tutte le storie di questo tipo che si rispettino, a un certo punto arrivò il lampo di genio. E il colpo di genio fu sostituire in alcune posizioni l’uridina dell’mRNA con pseudoridina, una delle basi del tRNA, RNA di trasporto, umano. E a quel punto la cosa iniziò a funzionare.
Nel 2005 finalmente pubblicarono i risultati della loro ricerca.
Ma nessuna grande casa farmaceutica prestò attenzione alla cosa.
Ci credettero invece due piccole società farmaceutiche attive nel settore delle biotecnologie, una americana, Moderna, che iniziò a finanziare il dottor Weissman, e un’altra tedesca, BioNTec, che nel 2013 nominò la dottoressa Kariko vice presidente senior.
La BioNTec è stata fondata nel 2008 da due personaggi altrettanto improbabili, Ugur Sahin, un oncologo nato a Iskenderun in Turchia ed emigrato in Germania quando aveva quattro anni e sua moglie, Ozlem Tureci, medico specialista in medicina molecolare, tedesca di origine turca. Anche. in questo caso il loro idioma è di quelli per noi incomprensibili.
Quando, a metà gennaio 2020 è stato reso noto il codice genetico del SARS-COV2, in poche ore BioNTec ha potuto progettare un vaccino che avesse come target la proteina spike, già nota perché presente nei virus di SARS e MERS. Moderna ci ha messo solo poco di più, due giorni.
Dietro a questi due vaccini ci stavano infatti 40 anni di ricerche, di esperimenti, molti dei quali falliti, ma sempre fatti con metodo. Non ci stavano le ipotesi e le soluzioni miracolistiche più o meno campate in aria che tanti, in cerca di pubblicità, hanno proposto in questi mesi.
E non ci sta Big Pharma, che poi anche che ci fosse non sarebbe per niente scandaloso.
Nella sua carriera la dottoressa Kariko non ha mai guadagnato più di 60000 $ all’anno ma ciò non l’ha fermata , la sua passione e la sua dedizione l’hanno sempre guidata, aiutandola a lavorare continuamente su qualcosa a cui ha sempre fermamente creduto, notte e giorno anche nei giorni di festa.
Forse, adesso, la sua posizione in BioNTec le frutterà qualche milione, nulla in confronto a ciò che guadagneranno altri. E, molto probabilmente, la attende un meritatissimo Nobel insieme a Weissman.
Numerofilo
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