lunedì 28 ottobre 2019

[Lavoro] Riscatto della laurea? ma che, davvero??

Post e commmenti pubblicati su OraZERO.


Leggevo sul Sole24h .


Cresce l’appeal del riscatto della laurea. Nel 2019 sono arrivate oltre 4omila richieste (43.704) in 7 mesi, il triplo rispetto al 2018


In soldoni, per chi ha studiato all'uni dal 1996 in poi é possibile richiedere di andare in pensione PRIMA rispetto a chi non richiede il riscatto della laurea.

Mi rivolgo a voi che avete optato per il riscatto della laurea.

Con il riscatto agevolato un ingegnere che come me ha studiato in un corso nominale di 5 anni deve versare all'INPS qualcosa come 26mila euro anziché poco meno di 50mila, come sarebbe senza agevolazione.

Quindi ora voi date allo stato un sacco di soldi (tenendo conto degli stipendi da fame che ci sono in Italia, nell'ordine dei 1500-2000 euro netti al mese per un ingegnere) per avere fra venti-trenta anni una pensione anticipata.


Mh!


Scusate, ma voi oltre a tutte le tasse che state pagando allo stato davvero volete dare via i vostri risparmi per avere la speranza che in futuro avrete un trattamento agevolato? e di quanto? Avete idea di quanto saranno le vostre pensioni di millennial tra trent'anni?

Per me é una follia. E'buttare i soldi dalla finestra sperando che salgano in cielo e tornino moltiplicati in forma di pioggia.

Perché invece non pensate ad INVESTIRE gli stessi soldi in corsi di aggiornamento, corsi di lingua, certificazioni, master? Avreste maggiori possibilitá di un reddito piú alto OGGI e nei prossimi anni che vi aiuterebbe a mettere da parte molti piú soldi che non qualche decina di migliaia di euro nell'ordine delle decadi.

Facciamo alcuni esempi di certificazioni per qualifiche altamente richieste dal mercato.


  • Certificazioni ISO 9001 - costo intorno ai 2000 euro. 
  • Corsi intensivi di lingua  inglese con certificazione finale - costo intorno ai 2000 euro. 
  • Corso alla preparazione alla certificazione di  Project Management - 2400 euro. L'esame sta sui 700 euro.

Facciamo 8000 euro e vi prendete tre certificazioni.

Andiamo piú sul pesante:

  • Master in Business Administration con corsi on line e certificazione riconosciuta a livello internazionale (ecco perché vi serve un inglese fluente): stiamo intorno ai 20mila euro. 

Con queste certificazioni, o con altro tipo visto che dipende dal vostro ambito lavorativo (certificazioni di tecnico ospedaliero, saldatore, corsi sulla sicurezza sul lavoro, fate voi...), avete INVESTITO nella vostra formazione e NON AVETE REGALATO decine di migliaia di euro ad uno Stato che non sa piu'come tassare la gente.

Potete anche spendere quei soldi per un migliore futuro per i vostri figli, ma darli allo Stato su un'attesa trentennale é follia a mio avviso.

E' il tipico atteggiamento di chi confida nella mammella statale per rimanere povero a vita, rancoroso e senza aspettative.

Mi manca qualcosa? non vedo i vantaggi del riscatto della laurea ai fini pensionistici? Illuminatemi perché mi pare una enorme sesquipedale perdita di denaro per uno stato vampiro che prende i vostri soldi oggi per NON ridarveli domani.







martedì 22 ottobre 2019

[Lavoro] Confronto impietoso Italia Olanda

Post e commenti pubblicati su OraZERO


Questo post é per farvi capire la differenza di atteggiamento che c'é verso un lavoratore, non piú giovanissimo, che cerca lavoro in Italia e in Olanda, OGGI.

PREAMBOLO

In realtá in Italia vale lo stesso discorso da almeno 15 anni: sentivo colleghi alle soglie dei 40 anni che si trovavano male come stipendio, ma avevano ottime competenze tecnico-scientifiche, i quali, alla mia domanda "perché non te ne vai all'estero? con queste competenze ti prendono al volo!" mi guardavano come si guarda un ragazzino ingenuo di trent'anni e mi rispondevano: "ho quasi 40 anni, ma 'ndo voi che vado?!"

Bene, cari depressi italiani frustrati da possibilitá mancate, ho qui una droga, chiamata "informazione di prima mano", che magari vi fornirá un po' di coraggio per schiodare da una situazione scomoda.
In Italia, vi dicono che a 30 anni cominciate ad essere vecchi per entrare nel mondo del lavoro. A 40, siete estinti, figurati se una azienda vi prende. Ma per le pensioni, a 65 anni siete giovani (lo zio vigile urbano di Renzi). Per lo stato siete sempre giovani, per le aziende sempre troppo vecchi e difficilmente riqualificabili.

Ora lascio la parola a una donna di 38 anni con figli che qualche anno fa ha mollato l'Italia, dove era disoccupata con laurea in architettura che passava da un lavoretto all'altro, é venuta nei Paesi Bassi dove il marito aveva trovato lavoro, si é messa di impegno a imparare l'olandese, e ha iniziato prima a lavorare come commessa in una azienda A, poi é passata all'amministrativo in una azienda B, e ora ha passato un colloquio per progettista di interni e venditore presso una blasonata azienda C. Ovvero, dopo anni e anni, finalmente puó svolgere un lavoro per cui ha studiato, regolato da contratto e con orari decenti che le consentono di vivere la vita da professionista e da madre.

A lei la parola.

POST

Mi chiamo Laura e sono una donna come molte altre ne ho conosciute in Italia, con la differenza, forse  di essere piú disillusa ma consapevole delle opportunitá che in contesti diversi possono di volta in volta aprirsi.Quando Lorenzo mi ha chiesto di scrivere questo post, mi sono sentita da un lato onorata, ma dall'altro sentivo la responsabilitá di trasferire una esperienza di vita.

Andiamo con ordine.

Una volta laureata col massimo dei voti a Roma in architettura, peccai di ingenuitá. Credevo che il mondo del lavoro avrebbe potuto e voluto offrirmi la possibilitá di avere un ruolo professionale, delle soddisfazioni che andassero oltre la famiglia. Ed invece mi sbagliavo di grosso. Roma é una realta difficile, che sforna centinaia di laureati di tutte le specie, la maggior parte senza agganci, tutti precari alla ricerca di un impiego che possa offrire loro dei percorsi di crescita professionale. La realtá é diversa perché si ritrovano quasi tutti impiegati nei call center, sono commessi in negozi o stores, sono  impiegati in societá di recupero crediti, o sono lavoratori in nero presso agenzie immobiliari o studi di architettura. I piú arrabbiati e i meno fatalisti emigrano.

Io ho lavorato in nero per uno studio immobiliare che si occupava anche di progettazione di interni. Decine di ore settimanali spese nel traffico di Roma per un lavoro in nero che sí mi piaceva ma mi impedivano di vedere mio figlio di sei mesi se non il sabato pomeriggio e la domenica mi crearono anche grossi problemi familiari. tutto questo per 700 euro al mese, che coprivano a mala pena la benzina e la baby sitter. Quindi lasciai quel "lavoro"e mi dedicai a lavorare in una piccola azienda che si occupava di installazione e manutenzione caldaie. Contratto regolare, straordinari non pagati, paga oraria molto bassa.

Poi con mio marito prendemmo la decisione di mollare tutto e andare all'estero, dove aveva trovato una posizione meglio retribuita. 

Anziché tornare al loro paesello natio, dove magari si mangerá pure bene e, aprendo la finestra, si vede il mare, quelli come noi emigrano in paesi del centro/nord europa che, ancora, offrono spiragli ai piú temerari. Ma come si fa a cogliere queste possibilitá, mi chiederete voi? 

Una volta arrivati in questi Paesi ci sono due atteggiamenti: uno é quello di iniziare ad elencare tutto ció che ci fa schifo, che ci ripugna, che non sopportiamo, che ci sembra ridicolo. Chi fa questo in genere non regge e torna in Italia dopo qualche anno.  L'altro atteggiamento si basa sul cercare i lati positivi per farseli tornare utili. La lingua, nel mio caso é stato il primo. Terribili sono i suoni gutturali che escono dalla bocca degli olandesi, una lingua che sembra un incrocio tra una presa in giro del tedesco ed un dialetto inglese. Ma gli olandesi sono ciarloni, amano chiacchierare, almeno questi del triangolo Amsterdam, Utrecht, L'Aia. Sono abituati agli stranieri, agli studenti europei e non, amano fare amicizia in mezzo alla strada (entrare nella loro sfere di amicizie private é un capitolo a parte), amano le sfide e l'approccio imprenditoriale di una persona. 

Quindi ho immediatamente cercato di imparare la lingua, una grossa barriera, in special modo ad Amsterdam, dove tendono, per pigrizia, a rivolgersi in inglese e bisogna imporsi col proprio olandese imperfetto, per costringerli a risponderti nella loro lingua madre. Ci ho impiegato un po' a farmi entrare in testa quei suoni e quella grammatica tutta al contrario rispetto alla grammatica delle lingue latine e per farlo, ho dovuto anche far mia la loro cultura, perché la lingua é anche cultura, abitudini e storia. I modi di dire che tradotti perdono di significato, ad esempio. Il loro modo di porsi e di usare una forma piuttosto che un'altra in determinati contesti. Un corso intensivo di 6 mesi, con tanto di esami e rilascio di attestato ad ogni livello, oltre all'esborso di una cospicua somma di denaro, mi ha sbloccata tanto da iniziare a cercare le prime esperienze lavorative che avrebbero arricchito il mio vocabolario, ma anche e soprattutto, fatto entrare piú addentro alla cultura olandese, al loro modo di vedere il business. Sono partita dal basso. Come commessa in un negozio di arredo e stoffe. 
Poi ho cambiato lavoro e sono passata a lavorare per una compagnia di taxi nel settore amministrativo e logistico. Il settore amministrativo mi ha dato delle conoscenze fondamentali per la lettura dei contratti, delle leggi che regolano i rapporti tra datore di lavoro e lavoratore, per i salari e gli aumenti salariali. Leggi che qui, vengono applicate. Altrimenti il lavoratore, scontento, se ne va e trova a occhi chiusi un lavoro da un'altra parte, specialmente se l'elemento é valido, indipendentemente dal suo passaporto e dalla data di nascita su questo riportata. Erano esperienze molto lontane dai miei studi, ma mi hanno fatto capire cosa voglio e, soprattutto, cosa non voglio per il mio futuro professionale. Ed ecco l'atteggiamento possibilista che, in Italia, é stato ed é, visto come "temerario". Io non mi sento temeraria, ma giudiziosa, responsabile e tanto caparbia. 
Quello che manca a tanti ragazzi oggi, ancora con la fissazione del posto fisso, qualunque sia il lavoro. Anche qui  in Olanda molti ambiscono ad un posto statale, ad esempio in comune, presso ambasciate, tribunali. Ma non é la prima spiaggia  né l'ultima. Ë solo una delle tante possibilitá che, dovessero presentarsi, meglio coglierle. La cultura del lavoro e del rimboccarsi le maniche, viene trasferita giá da quando i ragazzi sono giovanissimi, 14 anni. Loro vanno via presto da casa e non sono totalmente a carico dei genitori. Lavorano, studiano, si divertono anche, fanno sport. La scuola é strutturata diversamente ed é molto meglio integrata col mondo del lavoro.  


Dopo due anni di impiego nel settore amministrativo, ho deciso che era ora di rimettersi in gioco in quello che é il MIO lavoro, ovvero l'arredamento e la progettazione di interni. Cosí ho iniziato a informarmi sulle vacancies, leggendo attentamente cosa le aziende stessero cercando; se quelle richieste trovavano risposta nel mio Curriculum Vitae e, se no, dove potessi  migliorarmi, attraverso corsi di formazione, aggiornamenti su programmi di design. In effetti restare lontana dall'ambiente per cosí tanti anni, non ha facilitato. Ma non mi sono abbattuta neppure stavolta. Lo volevo e lo avrei ottenuto. Dovevo solo trovare il modo. Cosí ho preparato un portfolio, piccolo, con alcuni lavori effettuati in passato e con delle idee , per far capire il mio stile, totalmente diverso dal dutch, moderno, ma comunque italiano. E questo é stato un punto di forza. Il tricolore rosso bianco verde, piace molto ai batavi, ma bisogna giocarsela bene. Tre colloqui di lavoro. Il primo con il proprietario nonché direttore dell'azienda, nel settore del design da 40 anni. Un 'ora e mezza di intervista, dove ha ovviamente cercato di mettermi in difficoltá, indagando su quanto di quello scritto nella cover letter (molto piú importante del CV) fosse vero, diffidente perché il mio passaporto é italiano, temono sempre tu te ne vada via domani ed i loro soldi sono stati quindi investiti male ed inutilmente. Ma io mi sono messa dal suo lato, ho cercato di comprendere le sue motivazioni, quelle di un imprenditore, cercando quindi di tranquiliazzarlo e provando a fargli  abbassare un po'quelle barriere. Il fatto che fossi donna, moglie e madre nob ha destato alcuna preoccupazione, anzi. La mia disponibilitá a lavorare 32 ore settimanali al massimo, ha soddisfatto la richiesta dell'azienda. Secondo colloquio con tre persone, altre due ore quasi, responsabile vendite, responsabile ordini e qualitá, e di nuovo con la direzione. Mi hanno proposto vari scenari e chiesto come mi sarei comportata. Questa azienda vende dei prodotti, oltre a fare progettazione di interni. La componente commerciale é fondamentale. Saper parlare é essenziale, farlo nella maniera corretta e appropriata, senza essere invadente, ma con la giusta distanza, é un must have. Sicurezza in sé unita ad una dose di umiltá e sinceritá, si sono rivelate delle armi vincenti. 


Quindi, dovessi fare una lista di ingredienti direi che un buon voto di laurea e aver studiato in una facoltá prestigiosa, non bastano, occorre osare e farlo non ad occhi chiusi, ma guardando bene dove si sta puntando e immaginandosi la meta. Fermarsi un attimo quando non é il momento e riflettere. E quando si é riflettuto abbastanza, provare di nuovo, studiando il mercato.
L'Italia é grande, ma l'Europa e il Mondo lo sono di piú.
Bisogna osare e avere una giusta combinazione di pazzia, menefreghismo e ambizione per ottenere dei risultati. Questo é il primo consiglio che mi sento di dare a tutti coloro che mi dovessero chiedere "Come si fa?".

martedì 15 ottobre 2019

[Lavoro] Preparazione al colloquio di lavoro

Come giá scritto in un post sulle carenze della scuola italiana, esistono aree assolutamente rilevanti nella formazione dell'individuo che non sono minimanente coperte dai programmi scolastici: la propria presentazione in pubblico, il public speaking, la preparazione di una lettera di presentazione, la preparazione di un CV.

Oggi vorrei parlarvi dell'approccio che io personalmente seguo quando mi preparo per un colloquio di lavoro. Mediamente ogni 4 anni faccio un colloquio di lavoro importante. Questo perché mediamente ogni 4 anni cambio azienda o funzione all'interno della stessa azienda. Cinque anni fa ho sostenuto il colloquio di lavoro davanti ad una commissione internazionale che mi ha portato a vivere in Olanda. Due anni e mezzo fa, all'interno della stessa azienda, ho cambiato ruolo.

Esistono molti corsi on line e video tutorial su youtube su come prepararsi al colloquio. 
Io vi dico la mia. Non ne ho sostenuti non tantissimi in vita mia, ma quei pochi (una decina, tra Italia ed estero) sono stati di peso e un paio mi hanno cambiato la vita radicalmente. 

Regola numero ZERO: il colloquio non é un esame sulla tua vita. 
Non mi piace iniziare le regole con un a negazione, tipo "non desiderare la donna d'altri!" a me piacciono le regole "fa' questo e fa' quello", cioé positive e assertive. Ma questa é una eccezione che vale la pena fare.
Vedete, non c'é cosa peggiore quando si prepara un colloquio che avere un nemico che lavora h24 contro di noi. Chi é il nemico? il nemico siamo noi stessi. Sí, perché magari per cultura familiare ed educazione scolastica ci hanno insegnato che é sempre COLPA nostra, che DOBBIAMO fare questo e quello. Non c'é una spiegazione razionale. C'é una colpa, e le cose vanno fatte e basta, pena una punizione.

No.

Non funziona cosí. 

Non bisogna parlare di colpa e doveri ma di responsabilitá e di obiettivi. La colpa sottende un aspetto etico e un giudizio sulla persona, mentre la responsabilitá delinea un aspetto professionale e specifico; il dovere generico non si capisce dove deve andare a parare e crea solo ansia, mentre l'obiettivo é una intenzione che prende forma con una data e un piano di lavoro. Il colloquio non é sulla vostra persona, ma sulle vostre capacitá nello SPECIFICO settore di competenza che é oggetto del colloquio. 
Quindi durante la preparazione al colloquio non dobbiamo caricarci di sensi di colpa se immaginiamo che qualcosa possa andare storto. Pensiamo all'obiettivo e a come raggiungerlo, e basta: lavoriamo per dimostrare di avere le competenze per il lavoro che ci chiedono di fare, aumentando le chances di successo.

Chiarito quindi che l'intervistatore non é né tuo padre, né tuo nonno, né tua moglie, né il parroco, né il tuo dottore di famiglia che ti rimprovera per la dieta sbagliata, e che un giudizio sulla tua persona non é l'oggetto del colloquio, passiamo a capire quello che ti serve.


PRIMA regola: capire COSA il datore di lavoro cerca. 
Ricorda che in ogni contesto esiste la regola della domanda e dell'offerta. Loro fanno la domanda, tu rispondi con una offerta. Sapresti fornire una risposta adeguata se non capisci la questione? Immagino proprio di no, é come sparare nel buio.
Quindi studiate bene cosa il datore di lavoro cerca. Nel 99% dei casi sarete carenti in qualcosa in quello che leggerete. E'normale. Un match perfetto tra domanda e offerta é quasi impossibile da ottenere. 
Quindi iniziate a scrivere cosa vi manca, e cosa potete sicuramente offrire. Buttate giú appunti. 
Se quello che vi manca potete in qualche maniera compensarlo studiando nel tempo che avete a disposizione, bene, stilate un piano con gli argomenti che vi tocca studiare da oggi al colloquio. 
Se invece ció che vi manca, beh, vi manca e basta (es: vi chiedono magari 5 anni di esperienza in un settore e voi ne avete maturati soltanto due)  non vi resta che amplificare nella vostra lettera di presentazione e in un CV apposito le vostre competenze che si sposano con la domanda di chi ha scritto la vacancy. Mi raccomando: NON inviate MAI un CV e una lettera di presentazione generici! pensate sempre a cosa cerca chi lo legge!

Un datore di lavoro deve vedere in voi:
  1. Valore aggiunto
  2. Passione
Suggerimento: stampatevi la job description. Evidenziate le aree principali della descrizione del lavoro.  Portate il foglio con voi al colloquio e spiegate perché vi ritenete idoneo coprendo ogni area principale durante la vostra presentazione. 

SECONDA regola: sii onesto 
Il che non significa dire tutta la veritá come in un confessionale! Magari siete in rotta con il vostro datore di lavoro, o pensate che il management della vostra azienda sia pieno di incapaci che vi tireranno a fondo (a me é successo, alcuni anni fa, e me ne sono andato). Bene, nella risposta alla domanda "perché vuoi lavorare con noi?" fate presente i pro per lavorare con loro, non i contro della attuale situazione. 
Non é banale: dimostra che siete interessati a quello che fanno, e per un datore di lavoro é importantissimo contare sulla passione di un nuovo arrivato.
Non solo: se dite che ve ne andate perché dove vi trovate ora non vi piace, il datore di lavoro potrebbe giustamente pensare che se ci sono difficoltá lo mollate dopo qualche mese, o che se la situazione nel vostro vecchio posto migliora, lo mollate per ritornare a fare il vecchio lavoro.
Mettiti nei suoi panni: piglieresti uno solo perché é scontento dove si trova? Io no, personalmente.

Se hanno un sito web, studiatevelo. Se hanno un bilancio pubblicato, leggetelo per sommi capi. Quanti impiegati? qual é il core business? come vanno gli affari? 

Se ti chiedono delle tue debolezze e dei punti di forza, sii onesto, rimarcando peró le situazioni difficili da cui i tuoi punti di forza ti hanno tratto d'impaccio. Riconoscere una debolezza é segno di grande forza e maturitá. Offri esempi, e mostra come magari ti rivolgi a colleghi con piú esperienza quando si tratta di aver bisogno di un punto di vista alternativo al tuo. E' segno di saggezza. 

Personalmente penso che forza e debolezza siano due facce della stessa medaglia: saperle bilanciare a seconda del contesto é la parte difficile. 

TERZA regola: accetta alti e bassi prima del colloquio
Questa é una regola valida se pensiamo che il successo al colloquio potrebbe cambiarci la vita. Le aspettative sono enormi, il nervosismo alto. Non é solo un colloquio fatto "tanto per". No. E'qualcosa di importante. La gestione delle emozioni gioca un ruolo fondamentale. La mia regola é accettare che ci possono momenti in cui mi sentiró di farcela al 100%, e altri in cui penseró che la montagna é troppo alta per me da scalare. Se sono in fase "bassa", scrivo i pensieri negativi nero su bianco e li esamino. Penso a cosa potrebbe succedere se passo il colloquio o meno, e mi rendo spesso conto che di fatto sto esagerando con la negativitá. Quindi ritorno razionale e mi rifocalizzo sull'obiettivo e su cosa posso fare per aumentare le chances di successo. Non é facile, anzi! é faticoso. Ma scrivere mi aiuta moltissimo nei momenti difficili della vita, o anche solo per inquadrare meglio una giornata che si é conclusa. Conoscere bene se stessi aiuta a prendere decisioni corrette in ogni aspetto della vita. La preparazione al colloquio puó essere sfruttata per imparare a conoscerci meglio.

QUARTA regola: preparati con domande scritte.
Prepararsi delle domande scritte che potrebbero capitare sulla base dell'annuncio. E quindi lavorare sulle risposte. Sii conciso. Alcune domande delle risorse umane si trovano in rete, sono le solite.
La brevitá é un'arte. Significa convogliare in poco tempo molta informazione, facendo risparmiare tempo all'intervistatore, per il quale il colloquio sottrae tempo al lavoro. Questo richiede la conoscenza di un lessico specialistico, e usare parole chiavi aiuta enormemente. Le parole chiavi sono come dei punti di ancoraggio: offrono stabilitá, e collegamenti ad altre parole chiavi, quindi ad altri concetti. Il lessico specialistico convoglia verso l'intervistatore l'impressione che sai ció di cui parli. Il colloquio di lavoro si basa al 90% su IMPRESSIONI.
Rispondete a voce alta, se non volete scrivere. Ma le domande devono essere scritte. 


QUINTA regola: lavora per trovare i tuoi metodi personali per prepararti al colloquio
Io disegno, faccio grafici dove ogni freccia é un argomento; alle volte le frecce si annullano a vicenda (sono dispersivo), altre volte si rafforzano (sono incisivo), altre volte coprono molti argomenti (troppi?), altre volte pochi (troppo pochi?). Butto giú note e numeri. Ma questo sono io. Ognuno trova le proprie strategie che meglio si sposano con ció che si é. Chiedo consiglio a chi mi conosce, non coinvolto nel colloquio, che mi dica quali sono i miei difetti nell'affrontare i problemi. Questo mi aiuta enormemente a identificare i "blind spots", angoli ciechi, del mio carattere.

MISCELLANEA
Sii politically correct al colloquio. Al colloquio sarai neutro come un sapone PH7. Non esistono critiche personali, esistono "margini di miglioramento". Non esistono capi deficienti con cui hai litigato, esistono "divergenze di vedute" che hai prontamente discusso con il management, per affrontare le incomprensioni che possono nascere in qualsiasi contesto lavorativo, anche il migliore. Non esistono stipendi da fame, esistono "lavori che richiedono un commisurato" livello di retribuzione, allineato al livello di responsabilitá riconosciuta. Non esistono problemi a essere mandato a calci in trasferta, esistono "progetti interessanti per i quali una ricollocazione geografica puó essere presa in considerazione".

Non stai mentendo, stai dicendo la veritá, ma interpretata secondo il punto di vista delle Risorse Umane e ripulito da sentimenti personali. Il tuo punto di vista conta poco, conta il loro se la ditta é grossa. Piú la ditta é grossa, piú le HR sono importanti e il loro giudizio dirimente.
Devi sforzarti di vedere te stesso attraverso la lente del datore di lavoro e delle risorse umane.

Specialmente se al colloquio é presente un alto management, non stare lí a spiegare la ragione di certe scelte, con lunghi preamboli,  a meno che non venga richiesto esplicitamente.
Rispondi conciso alle domande: puoi usare il metodo STAR se sei un po' perso: Situazione (S), piano di attivitá (Task), Realizzazione del piano (Action) e risultati (R) conseguiti.
Esempio: Per il progetto DomoCucina, durante una fase di test funzionali sul prototipo di un braccio meccanico preparacaffé, c'era stato un guasto che ha richiesto un lungo meeting per identificare le cause, essendo il sistema complesso. Un comando aveva prodotto una azione completamente anomala del braccio, con rischio safety per l'utente. Hanno partecipato i seguenti esperti nelle specifiche aree[segue elenco di aree, fai capire che capisci la suddivisione dell'expertise in un progetto]. Io mi occupavo della validazione del Software. Una volta identificate le possibili cause, abbiamo concordato  una sequenza di test da portare avanti,  io sono stato proposto per essere il coordinatore e responsabile delle l'attivitá. Dopo alcuni giorni, abbiamo potuto confermare la causa principale e adottare le relative contromisure, cioé le azioni correttive sul design del prototipo per evitare il ripetersi del problema.
Non é facile all'inizio, quindi esercitati con qualche domanda che potrebbero farti!


Per oggi é tutto. Sono suggerimenti che avrei voluto avere anni fa prima di impegnarmi in altri colloqui. Mi avrebbero aiutato parecchio a essere meno ansioso, meno emotivo, piú objective-oriented, piu'incisivo nelle mie risposte.

Ricorda che non si finisce mai di imparare, e che una valutazoine del rischio richiede mente lucida e distaccata. Quindi: SCRIVI! :-)

E buona fortuna con i tuoi futuri colloqui.







sabato 12 ottobre 2019

[Istruzione] Un grave problema. Confronto Italia - Olanda

Osservate questo grafico.
Osservatelo bene.

L'oggetto sono persone con il titolo di studio della terza media, i cosiddetti "early school leavers", cioé i ragazzi che hanno fra i 18 e i 24 anni, che hanno lasciato il corso di studi e hanno al massimo conseguito il "lower secondary education level". In Olanda non esistono le medie, per cui i confronti vanno fatti con le pinze,  il liceo é chiamato college e ci si va a partire dai dodici anni. In Italia, si finiscono le medie tra i 13 e i 14 anni.
L'immagine originale la potete scaricare qua, dal sito eurostat.

In Italia, il 14.5% dei ragazzi fra i 18 e i 24 anni ha solo la terza media.

E' un dato CA- TA - STRO - FI - CO.
Senza se e senza ma.

Possiamo pensare alle cause? cominciamo:

1) Crisi continua: non c'é lavoro, inutile studiare!
Possibile, ma improbabile. Due dati secchi:
Grecia: ragazzi fermi alla terza media: 5 %, disoccupazione al 17%
Spagna: ragazzi fermi alla terza media: 18%, disoccupazione al 13.8

In Italia la disoccupazione é al 10%.
Prima che protestiate, sono d'accordo che i dati sulla disoccupazione sono falsati perché se nemmeno cerchi lavoro non vieni considerato disoccupato, ma alla fine confrontiamo mele con mele, e pere con pere. Disoccupati fra paesi diversi misurati con gli stessi criteri. La bilancia puó soffrire di un difetto di peso, magari aggiunge sempre mezzo chilo, ma produce sempre lo stesso scarto ripetibile.

Quindi la crisi non c'entra, e la disoccupazione nemmeno. O meglio, c'entrano, ma non sembrano essere le cause principali. Per esempio, in Romania l'abbandono scolastico é altissimo, ma la disoccupazione é al 3%, con indice di fertilitá bassissimo, al pari di Grecia e Italia. Che significa: che i ragazzi mollano gli studi perché trovano subito lavoro e vanno via di casa, in affitto, con pochi soldi.  Idem in Germania e UK.

2) facciamo tanti figli e non possiamo pagare gli studi per tutti.
E'una ipotesi che non regge, una volta col boom economico un ragazzo trovava lavoro in banca con la terza media, ora le donne italiane, complici stipendi bassissimi e costi delle case alti rispetto al reddito, fanno un figlio solo e ben oltre i 30 anni. Quindi non solo facciamo meno figli, ma quei pochi che facciamo, uno su 6 nemmeno studia per prendere un diploma.

3) L'Italia spende poco in istruzione.
Verissimo, l'Olanda spende il 5.5% del PIL in istruzione fino alle scuole secondarie, come la Francia e piu'della Germania che é a 4.8%, l'italia il 4%, come la Grecia. Un punto e mezzo di PIL di differenza sulla istruzione é qualcosa di ENORME.

Ecco che iniziamo a vedere un pattern: la spesa in istruzione é mediamente bassa.

Ora io vi aggiungo qualcosa di mio. L'istruzione in Italia funziona malissimo perché sono sbagliati programmi, metodi di insegnamento: la scuola italiana é fine a se stessa. La scuola italiana non boccia mai, perché bocciare é politicamente scorretto ed é un costo, quindi PREMIA i mediocri e i fancazzisti. La scuola italiana non insegna ad essere imprenditori di se stessi, a gestire un rischio, a comprendere e preparare un colloquio di lavoro. No. E'autoreferenziale. Scollata dal mondo del lavoro tutto.

Aumentare la spesa per istruzione, con questo modo di fare scuola, serve a poco.

E ve lo spiego subito con un confronto.
Scuola superiore italiana, corso di inglese: la prof parla italiano, fa fare tabelle con le traduzioni di singoli vocaboli, coniugazione dei verbi, e poche frasi.
Scuola superiore olandese, corso di inglese: prof madrelingua, niente in olandese. Corso di francese: la prof parla un po' in olandese perché il francese altrimenti é troppo difficile.

Film in Italia: doppiati, interamente.
Film in Olanda: lingua originale coi sottotitoli.

Scuola elementare italiana: libri, compiti a non finire, schiene curve. Nozionistica, tipicamente punitiva perché, anche se non lo dicono apertamente, é di stampo cattolico.
Scuola elementare olandese(quasi tutte di stampo montessoriano): libri forniti dalla scuola, niente compiti a casa, molto sport. Tipicamente con attivitá sociali, non punitiva ma assertiva. "non vuoi studiare, Tim? va bene, peró sappi che cosí facendo non puoi passare l'anno. Dipende da te". Questo ad un ragazzino di 8 anni. Niente urla, niente giudizi sul ragazzino come vedo fare nella scuola italiana. Dove ogni prof si sente un giudice.

Matematica

Scuola olandese: inizi coi soldi, e fai calcolo mentale, niente calcolo in colonna fino ai 10 anni. Metrica: numero di operazioni mentali in dieci minuti.
Scuola italiana: inizi con gli insiemi, calcolo in colonna.

Materie extradisciplinari:
In Olanda alle elementari con bambini di 8 anni esiste una materia che puó essere vagamente tradotta con "piccolo imprenditore di te stesso". Come funziona? inizi a studiare gli animali della fattoria (cavalli, galline, etc). Studi come fanno i cuccioli. Ti insegnano come il fattore tira avanti la fattoria. Dai prodotti della terra alla carne, le uova, etc. Che quindi vanno venduti per trarne un profitto e pagare il costo della fattoria. Poi si puó andare in gita a vedere la fattoria e gli animali. Tipicamente le maestre chiedono aiuto alle mamme, su base volontaria, per caricarsi i ragazzini in auto fino alla fattoria. Si risparmia cosí sul pullman.

In Olanda giá alle scuole elementari devi imparare a parlare in pubblico, raccondando una storia a tutta la classe. Presentandoti.

Capito? mio figlio, spesso pigro e scafato, parla meglio l'inglese di suo cugino italiano, di Milano, intelligente e diligente, e piú grande, perché si usano ALTRI METODI. Assertivi, non punitivi. Associativi, non punitivi. Interdisciplinari. I ragazzini olandesi sono magri anche se mangiano da schifo perché corrono sotto la pioggia e il vento, mentre quelli italiani coredemammeta fanno compiti e magnano dalla mattina alla sera, chiusi in casa. Sia mai che prendano un raffreddore! A calcio mio figlio con 15 gradi fuori lo hanno lavato con il tubo dell'acqua fredda, con tutti gli altri ragazzini...

Si adoperano metriche specifiche e OGGETTIVE per valuare il rendimento scolastico, non che c'é il cocco della maestra e quello poveraccio preso di mira. Ogni semestre si fa un test invalsi nazionale, prodotto dal ministero dell'istruzione, a partire dalle elementari. Comprensione del testo (in Italia si parla di analfabetismo funzionale, cioé ragazzi che non capiscono quello che leggono), velocitá di lettura (tot parole al minuto), velocitá di calcolo (tot calcoli al minuto), etc. E molto sport.

Ah, e si BOCCIA. Si bocciano i ragazzini alle elementari se non si considerano idonei ancora a passare all'anno successivo. Questo NON perché tirerebbero indietro la classe, ma perché si troverebbero male, andrebbero poi male a scuola, soffrirebbero e si sentirebbero inferiori.
NON ESISTE che un bambino dica ad un altro bambino che é scemo perché ha ripetuto un anno; si dice sta colmando le sue difficoltá. Non c'é un giudizio, c'é una motivazione.

La scuola italiana deve essere riformata dal profondo.

La prossima volta vi parleró del confronto fra le scuole superiori in Olanda e in Italia, e il collegamento col mondo del lavoro. E come fa un idraulico a uscire da scuola a 17 anni, con una professione in mano, e a tirare su 5000 euro al mese a 30 anni, con famiglia e mutuo e tutto.




domenica 6 ottobre 2019

[Economia] Perché meno per meno fa piú?

Vi siete mai domandati perché meno per meno fa piú?


A ben pensarci, a scuola, sono una enormità le nozioni che ci sono state impartite senza spiegazione.
L'aritmetica é in essenza, lo studio delle operazioni sui numeri. E'quella che impariamo da ragazzini sui banchi di scuola.
5 per 12, 60 diviso 3, etc sono operazioni aritmetiche.
Alla scuola elementare, in aritmetica, impariamo i numeri interi, poi i numeri razionali (le frazioni), poi le radici, e poi ci fermiamo. I numeri negativi se non ricordo male li ho affrontati nella scuola media.
Che cosa diavolo significa -3?
Perché un numero moltiplicato per zero dà zero?
E soprattutto: perché meno per meno fa più?

Mi ricordo che in classe presi questi insegnamenti come assiomi.
Ma NON sono assiomi, cioè non sono verità apodittiche che discendono dal cielo e sono indimostrabili.

Di fatto, oggi vedremo, intuitivamente, come mai meno per meno fa piú. E useremo l'intuizione. In particolare, la nozione di credito e debito. Non so se altri hanno adoperato la stessa spiegazione, ma a me é quella che torna piú "intuitiva".

Sapevate che i romani non conoscevano lo zero?
Lo zero, o zephirus, fu introdotto dal grande Fibonacci nel 1200. Ho giá scritto di Fibonacci, spiegando che sono state le innovazioni in campo finanziario a dare enorme spinta alla matematica, in particolare sulla statistica e il calcolo differenziale. Assicurazioni, banche, opzioni, derivati si tengono in piedi con strumenti inventati secoli fa per far fronte a problemi pratici. Un giorno scriveró della importanza enorme che il Liber Abaci, mai nemmeno nominato alle superiori (solo Dante) ha avuto per far nascere il Rinacimento.


Leonardo Pisano detto il Fibonacci (1170 -1250)


Torniamo a noi.

Lo zero è un elemento fondamentale nella aritmetica, cui non dedichiamo abbastanza attenzione.
Discrimina la soglia fra numeri negativi, e numeri positivi.
Immaginate di trovarvi su una strada rettilinea. Siete in mezzo alla strada e guardate la strada di fronte a voi, Per ogni passo in avanti, vi spostate di +1. Se fate tre passi, sono tre volte +1 e quindi +3.
Se vi spostate di un passo indietro, vi spostate di -1. Se fate tre passi indietro, sono tre volte -1 e quindi -3.
Potete quindi considerare la vostra posizione iniziale, sulla strada, come zero.

E' intuitivo comprendere che 3*(-1 passo indietro) = -3 passi indietro; quindi un numero positivo moltiplicato per uno negativo produce un numero negativo.
Potete anche decidere di saltare all'indietro una volta, e coprire una distanza pari a -3 con un singolo passo.
Cioé,  -1* (3) = -3, ovvero faccio 1 lungo passo indietro e copro una distanza di 3.

Quindi la moltiplicazione é commutativa, posso fare tre piccoli passi lunghi 1, oppure 1 lungo passo lungo 3. Il risultato non cambia.

Intuitivo.
Veniamo allo zero.

Perché un numero moltiplicato per zero dà zero?
Potete immaginare una torta. Se vi do zero di una fetta di torta quanta torta vi spetta? Zero, appunto.
La moltiplicazione di una quantità per zero non è banale, è come dire che moltiplico qualcosa che esiste per qualcosa che ...non esiste, zero appunto. Lo zero é invezione recente in Europa, datata 1200. E' un concetto intuitivo di limite. Prendo metá di una torta, poi ne prendo la metá della metá, poi la metá della metá...alla fine, dopo una infinitá di frazionamenti, della torta rimane...zero!

Quindi zero di qualcosa, é lo stesso che dire zero per un numero, che fa zero.

Anche questo, intuitivo se ci pensiamo un po'su.
Moltiplicare per un numero negativo é come cambiare direzione. Col meno, ci spostiamo indietro; col piú, ci spostiamo in avanti.

Quindi dire -2 significa spostarsi indietro di due passi.
Dire -3 significa spostarsi indietro di tre passi.
E allora -2 * -3?
Scriviamola cosí: -1 * -2 * 3.
E leggiamola da destra e immaginiamola come una azione da fare nel futuro.
Sappiamo che dobbiamo spostarci di una quantitá pari a tre.
Poi questa azione dobbiamo farla due volte all'indietro, il -2 appunto.
Ma poi sappiamo anche che dobbiamo rifarla tutta nella direzione in avanti, perché col -1 a sinistra bisogna immaginare che tutta la sequenza alla sua destra (-2 *3) va rigirata.

In soldoni, facciamo due volte un salto da tre passi nella direzione .....indietro...poi nuovamente indietro...quindi in AVANTI.

Confusi? Penso di sí.


Usiamo ora le nozioni intuitive di debito e credito. Questa é secondo me la spiegazione intuitivamente migliore.

Se dico -2 significa che ho 2 euro di debito.
Se dico +2 significa che ho 2 euro di credito.
Se dico 0 (zero), significa che non vanto né credito verso qualcuno, né soffro di debito verso nessuno.

3*(-2) significa che ho 3 volte un debito di 2. Quindi totale -6, cioé 6 euro di debito. Leggiamo la formula da DESTRA: ho -2, cioé due euro di debito, ripetuto tre volte.

-3*(-2), significa che ho inizialmente un debito di 2, contratto TRE volte, che poi si ritrasforma in credito perché ho un altro meno.

La moltiplicazione per meno trasforma un debito in un credito, e viceversa.

Se ho +5. ho 5 euro di credito. Moltiplico per meno 1, e trasformo il credito in debito, -5. Rimoltiplico per meno uno, il debito si ritrasforma in credito, col segno piú.

L'unico modo per cui questa operazione abbia senso é che -1 * -1  = +1

Con l'economia e la creazione dal nulla (ZERO) di debito e credito, abbiamo spiegato il prodotto meno per meno.



Quando una banca crea denaro dal nulla nel suo bilancio (inizialmente a zero), crea simultaneamente CREDITO e DEBITO. Ho creato un video che lo spiega a questo indirizzo.
Quando il CREDITO é ripagato, torna a zero. Non esiste piú nemmeno il DEBITO. Nel processo di ripianamento del debito, il denaro viene distrutto, cioé si ritorna nella situazione iniziale, a zero.



Per dare un senso piú matematico a questo post, in aritmetica menopermenofapiú é perché é l'unico modo per preservare la proprietá distributiva della moltiplicazione. E' l'unico modo, cioé, per avere operazioni che siano coerenti e non finiscano in contraddizione.
Nella nostra spiegazione intuitiva, é l'unico modo che abbia senso per rovesciare un punto di vista, ovvero vedere un debito come un credito, e viceversa.

Per chiudere: 13 anni di scuola dell'obbligo e mai che mi abbiano spiegato perché meno per meno fa piú.
Tecnologia, Finanza e Storia dovrebbero essere studiate come un tutt'uno alle superiori.
Ma noi ci teniamo questo qua.