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Questo post é per farvi capire la differenza di atteggiamento che c'é verso un lavoratore, non piú giovanissimo, che cerca lavoro in Italia e in Olanda, OGGI.
PREAMBOLO
In realtá in Italia vale lo stesso discorso da almeno 15 anni: sentivo colleghi alle soglie dei 40 anni che si trovavano male come stipendio, ma avevano ottime competenze tecnico-scientifiche, i quali, alla mia domanda "perché non te ne vai all'estero? con queste competenze ti prendono al volo!" mi guardavano come si guarda un ragazzino ingenuo di trent'anni e mi rispondevano: "ho quasi 40 anni, ma 'ndo voi che vado?!"Bene, cari depressi italiani frustrati da possibilitá mancate, ho qui una droga, chiamata "informazione di prima mano", che magari vi fornirá un po' di coraggio per schiodare da una situazione scomoda.
In Italia, vi dicono che a 30 anni cominciate ad essere vecchi per entrare nel mondo del lavoro. A 40, siete estinti, figurati se una azienda vi prende. Ma per le pensioni, a 65 anni siete giovani (lo zio vigile urbano di Renzi). Per lo stato siete sempre giovani, per le aziende sempre troppo vecchi e difficilmente riqualificabili.
Ora lascio la parola a una donna di 38 anni con figli che qualche anno fa ha mollato l'Italia, dove era disoccupata con laurea in architettura che passava da un lavoretto all'altro, é venuta nei Paesi Bassi dove il marito aveva trovato lavoro, si é messa di impegno a imparare l'olandese, e ha iniziato prima a lavorare come commessa in una azienda A, poi é passata all'amministrativo in una azienda B, e ora ha passato un colloquio per progettista di interni e venditore presso una blasonata azienda C. Ovvero, dopo anni e anni, finalmente puó svolgere un lavoro per cui ha studiato, regolato da contratto e con orari decenti che le consentono di vivere la vita da professionista e da madre.
A lei la parola.
POST
Mi chiamo Laura e sono una donna come molte altre ne ho conosciute in Italia, con la differenza, forse di essere piú disillusa ma consapevole delle opportunitá che in contesti diversi possono di volta in volta aprirsi.Quando Lorenzo mi ha chiesto di scrivere questo post, mi sono sentita da un lato onorata, ma dall'altro sentivo la responsabilitá di trasferire una esperienza di vita.
Andiamo con ordine.
Una volta laureata col massimo dei voti a Roma in architettura, peccai di ingenuitá. Credevo che il mondo del lavoro avrebbe potuto e voluto offrirmi la possibilitá di avere un ruolo professionale, delle soddisfazioni che andassero oltre la famiglia. Ed invece mi sbagliavo di grosso. Roma é una realta difficile, che sforna centinaia di laureati di tutte le specie, la maggior parte senza agganci, tutti precari alla ricerca di un impiego che possa offrire loro dei percorsi di crescita professionale. La realtá é diversa perché si ritrovano quasi tutti impiegati nei call center, sono commessi in negozi o stores, sono impiegati in societá di recupero crediti, o sono lavoratori in nero presso agenzie immobiliari o studi di architettura. I piú arrabbiati e i meno fatalisti emigrano.
Io ho lavorato in nero per uno studio immobiliare che si occupava anche di progettazione di interni. Decine di ore settimanali spese nel traffico di Roma per un lavoro in nero che sí mi piaceva ma mi impedivano di vedere mio figlio di sei mesi se non il sabato pomeriggio e la domenica mi crearono anche grossi problemi familiari. tutto questo per 700 euro al mese, che coprivano a mala pena la benzina e la baby sitter. Quindi lasciai quel "lavoro"e mi dedicai a lavorare in una piccola azienda che si occupava di installazione e manutenzione caldaie. Contratto regolare, straordinari non pagati, paga oraria molto bassa.
Poi con mio marito prendemmo la decisione di mollare tutto e andare all'estero, dove aveva trovato una posizione meglio retribuita.
Anziché tornare al loro paesello natio, dove magari si mangerá pure bene e, aprendo la finestra, si vede il mare, quelli come noi emigrano in paesi del centro/nord europa che, ancora, offrono spiragli ai piú temerari. Ma come si fa a cogliere queste possibilitá, mi chiederete voi?
Una volta arrivati in questi Paesi ci sono due atteggiamenti: uno é quello di iniziare ad elencare tutto ció che ci fa schifo, che ci ripugna, che non sopportiamo, che ci sembra ridicolo. Chi fa questo in genere non regge e torna in Italia dopo qualche anno. L'altro atteggiamento si basa sul cercare i lati positivi per farseli tornare utili. La lingua, nel mio caso é stato il primo. Terribili sono i suoni gutturali che escono dalla bocca degli olandesi, una lingua che sembra un incrocio tra una presa in giro del tedesco ed un dialetto inglese. Ma gli olandesi sono ciarloni, amano chiacchierare, almeno questi del triangolo Amsterdam, Utrecht, L'Aia. Sono abituati agli stranieri, agli studenti europei e non, amano fare amicizia in mezzo alla strada (entrare nella loro sfere di amicizie private é un capitolo a parte), amano le sfide e l'approccio imprenditoriale di una persona.
Quindi ho immediatamente cercato di imparare la lingua, una grossa barriera, in special modo ad Amsterdam, dove tendono, per pigrizia, a rivolgersi in inglese e bisogna imporsi col proprio olandese imperfetto, per costringerli a risponderti nella loro lingua madre. Ci ho impiegato un po' a farmi entrare in testa quei suoni e quella grammatica tutta al contrario rispetto alla grammatica delle lingue latine e per farlo, ho dovuto anche far mia la loro cultura, perché la lingua é anche cultura, abitudini e storia. I modi di dire che tradotti perdono di significato, ad esempio. Il loro modo di porsi e di usare una forma piuttosto che un'altra in determinati contesti. Un corso intensivo di 6 mesi, con tanto di esami e rilascio di attestato ad ogni livello, oltre all'esborso di una cospicua somma di denaro, mi ha sbloccata tanto da iniziare a cercare le prime esperienze lavorative che avrebbero arricchito il mio vocabolario, ma anche e soprattutto, fatto entrare piú addentro alla cultura olandese, al loro modo di vedere il business. Sono partita dal basso. Come commessa in un negozio di arredo e stoffe.
Poi ho cambiato lavoro e sono passata a lavorare per una compagnia di taxi nel settore amministrativo e logistico. Il settore amministrativo mi ha dato delle conoscenze fondamentali per la lettura dei contratti, delle leggi che regolano i rapporti tra datore di lavoro e lavoratore, per i salari e gli aumenti salariali. Leggi che qui, vengono applicate. Altrimenti il lavoratore, scontento, se ne va e trova a occhi chiusi un lavoro da un'altra parte, specialmente se l'elemento é valido, indipendentemente dal suo passaporto e dalla data di nascita su questo riportata. Erano esperienze molto lontane dai miei studi, ma mi hanno fatto capire cosa voglio e, soprattutto, cosa non voglio per il mio futuro professionale. Ed ecco l'atteggiamento possibilista che, in Italia, é stato ed é, visto come "temerario". Io non mi sento temeraria, ma giudiziosa, responsabile e tanto caparbia.
Quello che manca a tanti ragazzi oggi, ancora con la fissazione del posto fisso, qualunque sia il lavoro. Anche qui in Olanda molti ambiscono ad un posto statale, ad esempio in comune, presso ambasciate, tribunali. Ma non é la prima spiaggia né l'ultima. Ë solo una delle tante possibilitá che, dovessero presentarsi, meglio coglierle. La cultura del lavoro e del rimboccarsi le maniche, viene trasferita giá da quando i ragazzi sono giovanissimi, 14 anni. Loro vanno via presto da casa e non sono totalmente a carico dei genitori. Lavorano, studiano, si divertono anche, fanno sport. La scuola é strutturata diversamente ed é molto meglio integrata col mondo del lavoro.
Dopo due anni di impiego nel settore amministrativo, ho deciso che era ora di rimettersi in gioco in quello che é il MIO lavoro, ovvero l'arredamento e la progettazione di interni. Cosí ho iniziato a informarmi sulle vacancies, leggendo attentamente cosa le aziende stessero cercando; se quelle richieste trovavano risposta nel mio Curriculum Vitae e, se no, dove potessi migliorarmi, attraverso corsi di formazione, aggiornamenti su programmi di design. In effetti restare lontana dall'ambiente per cosí tanti anni, non ha facilitato. Ma non mi sono abbattuta neppure stavolta. Lo volevo e lo avrei ottenuto. Dovevo solo trovare il modo. Cosí ho preparato un portfolio, piccolo, con alcuni lavori effettuati in passato e con delle idee , per far capire il mio stile, totalmente diverso dal dutch, moderno, ma comunque italiano. E questo é stato un punto di forza. Il tricolore rosso bianco verde, piace molto ai batavi, ma bisogna giocarsela bene. Tre colloqui di lavoro. Il primo con il proprietario nonché direttore dell'azienda, nel settore del design da 40 anni. Un 'ora e mezza di intervista, dove ha ovviamente cercato di mettermi in difficoltá, indagando su quanto di quello scritto nella cover letter (molto piú importante del CV) fosse vero, diffidente perché il mio passaporto é italiano, temono sempre tu te ne vada via domani ed i loro soldi sono stati quindi investiti male ed inutilmente. Ma io mi sono messa dal suo lato, ho cercato di comprendere le sue motivazioni, quelle di un imprenditore, cercando quindi di tranquiliazzarlo e provando a fargli abbassare un po'quelle barriere. Il fatto che fossi donna, moglie e madre nob ha destato alcuna preoccupazione, anzi. La mia disponibilitá a lavorare 32 ore settimanali al massimo, ha soddisfatto la richiesta dell'azienda. Secondo colloquio con tre persone, altre due ore quasi, responsabile vendite, responsabile ordini e qualitá, e di nuovo con la direzione. Mi hanno proposto vari scenari e chiesto come mi sarei comportata. Questa azienda vende dei prodotti, oltre a fare progettazione di interni. La componente commerciale é fondamentale. Saper parlare é essenziale, farlo nella maniera corretta e appropriata, senza essere invadente, ma con la giusta distanza, é un must have. Sicurezza in sé unita ad una dose di umiltá e sinceritá, si sono rivelate delle armi vincenti.
Quindi, dovessi fare una lista di ingredienti direi che un buon voto di laurea e aver studiato in una facoltá prestigiosa, non bastano, occorre osare e farlo non ad occhi chiusi, ma guardando bene dove si sta puntando e immaginandosi la meta. Fermarsi un attimo quando non é il momento e riflettere. E quando si é riflettuto abbastanza, provare di nuovo, studiando il mercato.
L'Italia é grande, ma l'Europa e il Mondo lo sono di piú.
Bisogna osare e avere una giusta combinazione di pazzia, menefreghismo e ambizione per ottenere dei risultati. Questo é il primo consiglio che mi sento di dare a tutti coloro che mi dovessero chiedere "Come si fa?".
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