In un precedente post, ho parlato della questione della responsabilizzazione dell’individuo e
ho fatto un confronto tra i sistemi scolastici italiano e olandese.
Ho posto l’accento su un particolare importante: e cioè che
mentre la scuola olandese è “assertiva”, quella italiana è soprattutto “punitiva”.
E che il discorso di non imporre compiti a casa a giovani studenti bambini va
inquadrato in un’ottica a largo spettro: non
significa diventare brocchi alla maggiore etá, significa che ogni bambino tende
a essere fortemente responsabilizzato (e quindi gli si accorda anche fiducia): è responsabile dei
quaderni e dei libri e dei pennarelli che la scuola gli fornisce gratuitamente,
perché poi deve passarli alla classe successiva l’anno dopo. Se non passa il
citotest, cioè un esame periodico volto a capire quali sono le attitudini del
bambino, si insiste per capire quali sono le lacune e si parla con la famiglia.
In Olanda un bambino puó ripetere un anno se non è ancora considerato idoneo.
Non è una colpa. Succede a molti bimbi anche olandesi: si ha bisogno di piú
tempo per masticare bene la lingua, consentire alla classe una formazione
omogenea, non avere bimbi frustrati perché faticano troppo con il programma.
Quando ho scritto questo, apriti cielo! Commenti di persone che pensano che i
bambini diventeranno futuri sfigati la cui autostima è stata distrutta!
Molti commentatori hanno preso il post come un match “Italia vs Olanda” ma non era la
mia intenzione. Sará che del calcio non me ne frega niente, ma ho considerato il
modo di rispondere di alcuni commentatori “antropologicamente” interessante,
fino a quando qualcuno non è passato alle offese personali gratuite.
Ma i
cretini sono dappertutto. Io scrivo per gli intelligenti.
La scuola pubblica olandese è di stampo montessoriano, e la
Montessori fu una geniale, illuminata e umanissima docente italiana: boicottata
nel Belpaese (chissá perché…), insegnó qua in Olanda. In Italia, abbiamo una
tradizione cattolica improntata sul senso di colpa e sul dovere. Non è un caso
che i bambini olandesi (i bambini, insisto) siano fra i piú felici del mondo. E
vorrei ben vedere: fanno tantissima attivitá fisica, hanno a disposizione la
bicicletta che moltiplica di dieci volte la loro libertá motoria, fanno pochi
compiti il pomeriggio, le insegnanti sono giovanissime. Fatevene una ragione.
Oggi voglio parlare del problema dell’integrazione in Olanda.
E mi baso sulla mia esperienza, sperando di fare cosa utile per chi ha voglia di confrontare la mia di esperienza con la sua, magari in un altro Paese.
Molti olandesi sono razzisti. Al di lá della apertura di
facciata, posso garantirvi che se una donna olandese si sposa con un italiano
(o viceversa), la cosa è malvista specialmente dalla vecchia generazione. Sono
apertissimi mentalmente finché l’integrazione riguarda altri.
Gli olandesi sono tirchi rispetto allo standard italiano. Ai
limiti del comico, o del tragico, a seconda dei punti di vista. Ho tonnellate
di esempi, personali e non. Non arrivano ai livelli tedeschi, per i quali se
sei gentile e non ti fai pagare per un favore sei un povero scemo, ma contano
il singolo centesimo. La differenza sostanziale è che l’olandese è allegro, il
tedesco è mediamente sempre incazzato.
Io ho avuto pochi problemi con l’integrazione. Altri italiani
ne hanno avuti di enormi. Ammetto che se un olandese tende a guardare me o la
mia famiglia con la puzza sotto al naso, io di puzza sotto al naso ne metto il
doppio. E lo faccio percepire. Ma sono problemi che si trovano anche in Italia. I razzisti sono ovunque, e i bambini respirano
aria razzista da piccoli, specie dalle madri e specie se sono femminucce. I
maschi meno: se tizio ti sta antipatico, gioca nella squadra avversaria, o si
fa a botte e la cosa lá finisce. Le femminucce invece attuano veri e propri
schemi di esclusione sociale ai danni delle sfortunate piccole straniere.
Sí, ma non con tutte
le straniere.
E qui sta il punto.
In Olanda devi saper badare a te stesso. Se sei italiano, ma
non ti lamenti, lavori sodo e ti integri, ottieni il rispetto. Io non parlo
olandese, parlo solo inglese, da tre anni ormai. Mia moglie parla olandese,
adesso. Dopo due colloqui, ha trovato lavoro. Bene, io me ne frego di non
parlare olandese, mi scuso e sorrido, dico sempre “il tempo è poco e, sorry, mi serve piú il francese dell’olandese
per lavoro, quindi sto studiando francese. E Poi lo parlate cosí bene voi l’inglese!
Davvero, siete bravissimi”. E con una sana leccata di culo lá finisce. Pago le
tasse, tengo pulito, non sopporto gli zozzoni, mando mio figlio a scuola
pubblica. Non sono religioso. Nessun problema.
Un’altra famiglia italiana invece ora vuole cambiare scuola
alla figlia. Bambina intelligente, era felicissima, ora dice che è infelice, le
compagne di classe l’avrebbero isolata. Sapete una cosa? La madre non parla con
la maestra (non capisce una parola, mastica pochissimo l'inglese), non parla con le madri
delle bambine che sembra abbiano isolato la figlia per sapere se ci sono
incomprensioni. Il padre non si vede mai, sempre al lavoro come cuoco. Cioè la famiglia
non ha contatti con altri olandesi. E la soluzione qual è? Scappare. Altra scuola.
Altro adattamento per la bambina. E i genitori fanno le vittime "contro il sistema". Io e mia
moglie quando nostro figlio era stato preso di mira da un paio di ragazzini piú
grandi (botte, per dirla tutta, perché c’erano un paio di stronzetti nel
giardino pubblico) ci siamo inviperiti: parlato coi genitori, e poi con la
maestra. Risultato: fine delle provocazioni. Poi, i ragazzini hanno fatto due gruppetti
che si stuzzicano e talvolta si menano ma lá finisce perché è lotta bilanciata.
Da ragazzino io facevo sempre a botte e sono cresciuto lo stesso. Ho spiegato a
mio figlio che se uno lo mena senza ragione, lui deve menare due volte, perché
altrimenti passa il messaggio che non sa difendersi. Sei in terra straniera,
fatti rispettare. Se stai in classe, rispondi come si deve e poi vai dalla
maestra, circostanziando i fatti. Impara ad andare bene a scuola, a farti
amici. Non a fare ghetto con altri italiani “perché cosí è facile”. Ora il bambino
è felice, fa sport, va bene a scuola e ha i suoi amichetti (per inciso per i
bambini olandesi il divano è un trampolino di lancio, anche quello degli amici
italiani che costa il triplo rispetto alla robaccia che si trova nelle case
olandesi).
La scuola olandese ha messo a disposizione per mio figlio
logopedista e tutor per il primo anno. Gratis. E specialista dal ministero dell’istruzione
per bambini figli di non-olandesi. Ora il mocciosetto non ne ha bisogno e si
approfitta largamente del suo olandese per non farsi capire da me quando non
vuole farsi capire J
Quindi: integrarsi è difficile, ma lo diventa a dismisura se
nel paese che ti ospita ricerchi le stesse cose che hai lasciato nel paese
natío. Cultura, cibo, meteo, donne, traffico, bar, caffè, rapporti coi
colleghi. E maestre stressate.
Ovunque vai, in un paese straniero, sarai sempre uno straniero. E'importante farsi accettare: e il primo passo é che é tuo dovere capire che sei un ospite, e non puoi accampare diritti se prima non ottemperi ai tuoi doveri.
E parliamoci chiaro: ci sono tantissime cose che ti mancano della tua
terra. Quando faccio il turista in Italia mi ingozzo di sole e caffè e mare. Abbraccio
gli amici di una vita. Mio padre. Ma poi dopo qualche settimana me ne voglio
tornare nella mia Olanda, serena,
ordinata e magari pure provinciale. Alla fine è tutta una questione di scelte
che vengono fatte mettendo le cose sui due piatti della stessa bilancia.
Reddito, prospettive, serenitá, TEMPO LIBERO.
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